Hanno appena 15 anni, o poco più: incredibilmente giovani, eppure sono qui, adesso. Sugli spalti, pieni di entusiasmo a sostenere il FC Mendrisio.
da Terrace Edition (Damiano Benzoni)
Il mondo reale, il mondo degli adulti, può essere freddo e arido, come i gradini di cemento delle terrazze. Può sembrare spaventoso o estremamente noioso, distante, snob e incomprensibile, come se si parlassero sei lingue contemporaneamente.
E Dio, la pubertà è una rogna. Gli ormoni si scatenano nel nostro corpo, ci fanno stonare la voce, ci fanno sentire goffi e ridicoli. Anche se i nostri compagni un po' più giovani ci guardano con stupore, desiderando che quella trasformazione colpisca anche loro.
Anni passati a sognare e a pianificare, a desiderare di replicare quei gesti da adulti, a rievocare quei rituali del temuto e desiderato mondo degli adulti. Trovare il proprio posto nel mondo.
Identificazione. Il processo crudele di uccidere, uno per uno, tutti i possibili “io” che si possono diventare. Scoprire quanto poco spazio c'è nella vita adulta per tenerli in vita e quanto sarà difficile appartenere a qualche posto dopo che la vita inizierà a servire le sue svolte e i suoi colpi di scena.
I ragazzi che vedo, però, non sono ancora disillusi. Dicono che Mendrisio è la loro città, la città che non lasceranno mai, e io mi chiedo dove saranno tutti tra 20 anni. Hanno solo 15 anni o poco più, sono incredibilmente giovani. Ma sono qui, sono ora, sugli spalti a sostenere Mendrisio.
Lo fanno in grande stile, sono ben organizzati, si alternano alla batteria e al megafono, le loro voci prepuberali li tradiscono verso la fine della strofa. Hanno bandiere e striscioni, persino un enorme tifo che rappresenta la maglia del Mendrisio con un numero 12 sulla schiena.
Hanno cori: la maggior parte sono copiati da famosi cori da stadio italiani. Quelli che filtrerebbero, quasi clandestinamente, nei corridoi di una scuola media. Posso quasi immaginarli mentre sussurrano queste canzoni in modo un po' cospiratorio, scarabocchiando i testi sui loro banchi di scuola, affascinati da questa cosa adulta che hanno scoperto.
Come ogni rito di passaggio, non può mancare il fuoco. E loro hanno i fuochi d'artificio. Sembrano un po' impacciati: uno di loro non riesce a spegnere il bengala e si discute su quando usarlo. “Spariamo subito”, dice un ragazzo. “No, dobbiamo tenerli per gli obiettivi”, risponde l'aspirante Capo. “Quanti ne abbiamo?”, chiede un terzo. Alla fine, ne hanno più che a sufficienza per dare spettacolo.
Uno di loro mi contatta dopo la partita, chiedendomi se posso condividere alcune delle mie foto. Mi scrive con deferenza, come si rivolgerebbe a un insegnante di scuola. Mi dice che hanno fondato il loro gruppo due mesi fa, dopo un anno di pianificazione.
Nella “buvette” di legno addobbata con luci fiabesche, gli astanti guardano divertiti l'esposizione della sedicente Curva Sud. Questi ragazzi stanno probabilmente riempiendo il vuoto lasciato da un gruppo precedente, gli adesivi intorno allo Stadio Comunale testimoniano ancora la loro presenza.
Siamo in una città di provincia del Canton Ticino, in campo si parlano sei lingue: da una parte la Svizzera, dall'altra la squadra ospite si chiama Kosova Zurigo. L'FC Mendrisio, ultimo in classifica, strappa una vittoria importantissima.
La loro Curva Sud è lì, a fare un passo nel nuovo mondo delle “cose da grandi” e dei suoi gradini brulli e concreti. Saranno anche impacciati, come tutti i giovani, ma sembrano così orgogliosi quando i giocatori vanno sotto di loro per applaudirli. Il mondo degli adulti li riconosce, riconosce il loro ruolo. Sta riconoscendo il loro posto nel mondo.
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