Aveva chiuso la carriera la scorsa estate senza rilasciare dichiarazioni – Ora Super Mario ha chiarito le ragioni del suo addio al calcio: «Dopo il divorzio da mia moglie ho voluto stare vicino a mia figlia» – L'ex attaccante ticinese è quindi tornato sugli anni da professionista: «Orgoglioso di quanto fatto, non in molti segnano quasi 200 gol ad alti livelli»
da Corriere del Ticino (Massimo Solari)
Mario Gavranovic ha infine rotto il silenzio. Un silenzio che durava da mesi, da quando - al termine della scorsa estate - la sua carriera da calciatore professionista si era chiusa senza spiegazioni. «Ma ora ci tengo a dire un paio di cose. Sì, sono pronto a parlare. A chiarire cosa è successo» ha affermato l'oramai ex attaccante, al Centro Pronto Intervento di Mendrisio. Super Mario, invero, è tornato a giocare proprio nel club del Magnifico Borgo, in Prima Lega. «Purtroppo però, dopo diversi mesi d'inattività, il mio corpo sta lanciando segnali inequivocabili. Spero di poter aiutare la squadra sino al termine della stagione. Oltre, invece, credo che non sarà possibile».
Lo sguardo di Super Mario, dicevamo, ha abbracciato soprattutto il passato. «E il periodo difficile che mi ha spinto a dire basta. Ne parlerò in questa occasione, e poi non lo farò più. Il mio ritiro è stato dettato da ragioni private, di natura famigliare. Al termine della scorsa estate ho avviato le procedure di divorzio da mia moglie. E se ho deciso di fermarmi il motivo è quindi solo uno: mia figlia, che ha iniziato l'asilo, e al cui fianco volevo e voglio restare. Insomma, lasciare di nuovo il Ticino non era più un'opzione».
Nel mirino di «Gavra», in un primo momento, era finito il Lugano. «Sì, mi sarebbe piaciuto chiudere il cerchio laddove tutto è iniziato. Già in maggio, però, il club bianconero mi ha fatto capire che non sarebbe stato il momento opportuno. Una posizione che capisco e rispetto. Anzi, per come sono poi andate le cose nella mia vita, va benissimo così. Cosa farò da grande? Ho iniziato i corsi per diventare allenatore. Ma senza fretta. Dopo tanto girovagare per il mondo non avverto l'urgenza di abbracciare una nuova avventura professionale. Sono felice di potermi dedicare appieno alla vita da papà e pure di prendermi un po' di tempo per me stesso».
Mario ha ringraziato tutti. La famiglia, i procuratori che lo hanno accompagnato in questi anni - da Otto Luttrop a Milos Malenovic -, il fidato fisioterapista Roberto Maragliano. E ancora i diversi allenatori e club incontrati lungo una carriera di spessore. «Sono orgoglioso di quanto fatto in campo» ha non a caso sottolineato il bomber di Vezia. «Certo, forse non mi ero immaginato il tramonto a 33 anni. A maggior ragione perché stavo molto bene e dalla Turchia ero stato costretto a fuggire, complici le condizioni precarie generate dal terremoto del febbraio 2023». Insomma, prima che la vita imponesse a Gavranovic una decisione importante, la voglia di proseguire c'era. «Adesso però va tutto bene. Sono tranquillo e, per quanto adrenalina ed emozioni manchino di tanto in tanto, sento di aver elaborato il passo indietro dal professionismo».
Tanti i frangenti e le figure evocate durante i 45 minuti concessi alla stampa. «Sembra che io abbia segnato solo il gol alla Francia, negli ottavi di Euro 2020... La verità - ha affermato Mario sornione - è che in pochi possono affermare di aver totalizzato quasi 200 reti ai massimi livelli. Detto ciò, è ovvio che quel momento, a Bucarest, è stato il più bello della mia carriera. Quello, sommato al rigore parato da Sommer a Mbappé, quando la gioia ha potuto esplodere definitivamente. La vittoria contro i transalpini ha significato tanto per me, ma pure per l'intero Paese». In panchina, allora, c'era Vladimir Petkovic. «Il miglior allenatore che la Svizzera potesse avere in quel periodo» ha sottolineato senza esitazione Gavranovic. Poco importa se - anche sotto «Vlado» - i minuti giocati siano stati forse inferiori di quelli meritati a suon di gol e intuizioni. «Sono cifre importanti, in effetti, e ovviamente è capitato di chiedermi come mai non fosse mai il mio turno dall'inizio» ha ammesso Gavra, senza tuttavia fare polemiche. «Sono fiero anche del contributo dato alla Nazionale. Di tutti i momenti vissuti in quello spogliatoio».
Già, anche se pure l'addio dai colori rossocrociati non è stato dei più facili. «Come ho visto la selezione di Yakin in autunno? Mah, non vivo la squadra da dentro e dunque la mia opinione è parziale. Detto ciò, gli ex compagni con cui sono rimasto in contatto mi hanno parlato di un'insoddisfazione collettiva. E mi fermo qui».